La storia

Raffaello Magiotti


Raffaello Magiotti nacque a Montevarchi ai primi di settembre del 1597 da una illustre famiglia.
Spinto dai genitori al sacerdozio, Raffaello frequentò il seminario di Firenze e in quell'ambiente, fattosi apprezzare per l'intelligenza e le notevoli doti umane, entrò in contatto con un gruppo di intellettuali, eruditi e scienziati, tra i quali Galileo Galilei.
Divenuto prete, Magiotti lasciò ben presto il capoluogo toscano e si trasferì a Roma, entrando nella cerchia del cardinale Giulio Sacchetti, che lo tenne in grandissima considerazione. Non casualmente Raffaello venne ammesso a frequentare i sacri palazzi pontifici. Di lì a ottenere un incarico di un certo rilievo il passo fu breve, e nel 1636 al prete montevarchino venne offerto un incarico nella Biblioteca vaticana che gli fruttò uno stipendio discreto e sicuro. Ciò rafforzò definitivamente il legame tra l'ambiente romano e Magiotti, che raramente si allontanò dall'Urbe - si narra di qualche sporadico ritorno a Montevarchi -, rifiutando persino un posto di prestigio che Castelli e Galileo gli avevano riservato all'Università di Pisa. Come attestano varie testimonianze, Magiotti non amava per nulla viaggiare e toccò a suoi parenti andare a trovarlo a Roma, cosa che, peraltro, non sembrava riempirlo di gioia. Un po' burbero doveva esserlo, ma profondamente leale, tanto che durante il processo a Galileo non rinnegò mai l'amicizia per il genio pisano, continuando a manifestargli pubblicamente la propria stima e a stargli vicino anche dopo la condanna. Magiotti fu molto legato anche a Evangelista Torricelli, che lo stimò molto, fidandosi ciecamente delle sue notevoli competenze scientifiche. Don Raffaello accolse con grande costernazione la notizia della scomparsa dell'amico, morto, non ancora quarantenne, il 25 ottobre del 1647. Come attesta una lettera spedita a un conoscente il 15 dicembre 1647, Magiotti decise di dedicare l'ultima parte della sua vita alle cose dello spirito, tralasciando gli studi. Lo aveva preannunciato in una missiva inviata qualche anno prima al Torricelli: "lo per me - scriveva Don Raffaello - posso ormai dire addio speculazioni, addio concetti geometrici, addio dimostrazioni."
Magiotti mori' di peste a Roma tra la fine del 1656 e gli inizi dell'anno successivo a 59 anni; anche le sue carte e i suoi appunti scomparvero nel rogo che si fece per disinfettare la casa ove era deceduto.
Raffaello Magiotti è rimasto famoso per i suoi studi di idraulica, in particolare quelli dedicati ai fenomeni di capillarità. Di lui si ricorda soprattutto l'esperimento legato al galleggiamento in un cilindro pieno d'acqua di alcune figure di vetro, che anticiperebbe la realizzazione dei famosi "Diavoletti di Cartesio": come ha opportunamente affermato Mario Checchi, "il Seicento
fu un secolo di grandi contraddizioni; quelle stesse contraddizioni si riscontrano nella personalità scientifica di Raffaello Magiotti. Intuì che i vecchi schemi mentali non erano più in grado di dare risposte adeguate ai nuovi interrogativi, e il suo indagare in campi di studio diversi palesa un enciclopedismo che fu proprio della cultura medievale". Tuttavia - aggiunge ancora Checchi - "il nostro sacerdote comprese il profondo significato innovatore del momento di verifica sperimentale; non si limitò alla osservazione passiva dei fenomeni naturali, cercò di riprodurli in circostanze controllabili".
Seppur con conseguenze meno drammatiche e dolorose, il Nostro, come il suo grande maestro Galileo, visse il problema del rapporto tra fede e ragione, fra rivelazione biblica e sapere scientifico e, al pari del grande pisano, non si allontanò dal cattolicesimo e ritenne che fede e scienza non possono opporsi in modo insanabile, poiché provengono ambedue da Dio: esse hanno scopi diversi, la prima ci indica la via del Paradiso, la seconda ci insegna a capire il funzionamento dell'universo.
Nel 1842 una discendente di Raffaello, Quirina Mocenni Magiotti, fece scolpire nel marmo un'epigrafe che onora la memoria del suo illustre antenato e che venne posta nella sede della montevarchina Accademia Valdarnese del Poggio.